L'Italia del Medioevo by Indro Montanelli
autore:Indro Montanelli
La lingua: ita
Format: epub
editore: BUR
pubblicato: 2015-03-14T16:00:00+00:00
CAPITOLO QUARTO
I Normanni
Un monaco dell’abbazia di Montecassino, scrivendo una cronaca degli anni a cavallo del Mille, raccontò che quaranta Normanni, di ritorno da un pellegrinaggio a Gerusalemme, passarono per caso da Salerno e la trovarono assediata dai Saraceni. Chiesero al principe Guaimaro, padrone della città, armi e cavalli, furono esauditi e ottennero una splendida vittoria. Il popolo li portò in trionfo, il Principe li colmò di doni e li pregò di restare al suo servizio. «Dicono i Normanni d’aver combattuto soltanto per amor di Dio e della Fede,» continua la cronaca «rifiutano i doni e vogliono ripartire. Allora il Principe, radunato il suo consiglio, fa accompagnare da ambasciatori gli ospiti che se ne tornano nella loro terra. E come Narsete aveva fatto coi Longobardi, spedisce in Normandia aranci, mandorle, noci candite, dorate armature equestri per allettare quella gente a venire nel paese dove si producevano tante squisitezze.»
Naturalmente le cose erano andate in maniera assai diversa. Ma non c’è da meravigliarsi che i cronisti del tempo le abbiano viste in una luce da chanson de geste perché l’impresa normanna, malgrado i suoi lati mercenari, fu effettivamente una chanson de geste, e anzi l’unica che si sia svolta in Italia. Ma i suoi protagonisti non erano italiani.
Normanni erano chiamati, genericamente, gli uomini del Nord, cioè gli scandinavi. Ma fra di loro essi si chiamavano Vichinghi, che vuol dire «guerrieri». Era una qualifica che meritavano. Pungolati dalla povertà delle loro terre, ne sciamavano in cerca di preda a bordo di esili navigli. Arrivarono dappertutto, in Inghilterra, in Francia, in Islanda, in Groenlandia, e perfino in America del Nord, dove precedettero di sei secoli Cristoforo Colombo, ma senza rendersi conto che avevano scoperto un continente e senza trarne nessuna lezione.
Analfabeti e pagani, furono fra gli ultimi, in Europa, a convertirsi al Cristianesimo. Ma nemmeno questo bastò a smorzare la loro sete di avventure, di guerra e di saccheggio. Nel nono secolo abbiamo già visto un loro gruppo istallarsi in quella provincia francese, che d’allora in poi doveva portare il loro nome: la Normandia. Forse non erano che poche centinaia, ma bastarono a istituirvi un potentato che tenne col fiato sospeso tutto il territorio e ne condizionò la storia. Fu infatti per i meriti acquisiti nella sanguinosa resistenza ai Normanni che Eudo Capeto diventò Duca dei Franchi, come abbiamo già detto, e il suo pronipote Ugo si sostituì all’ultimo Re carolingio sul trono di Parigi.
Ma nemmeno quando ebbero a disposizione le pingui campagne normanne e gli sbocchi della Senna, del Rodano e della Loira per rifugio delle loro flotte corsare, diventarono sedentari. La legge del maggiorascato che imponeva la trasmissione di titoli e patrimoni di primogenito in primogenito, creava a ogni nuova generazione una folla di diseredati cadetti, disponibili per qualsiasi avventura. Essi dovevano sbalordire il mondo per la loro forza conquistatrice, per la loro adattabilità a tutte le latitudini, e per la rapidità con cui si assimilarono ai popoli vinti e si persero in mezzo ad essi. Uno andò in Inghilterra, la sottomise e ne divenne Re.
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